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In carcere per aver tentato di assistere a un incontro di volley: il caso Ghoncheh Ghavami

di Marina Bassano –
Purtroppo di sport si può parlare anche senza toccare argomenti tecnici, tattici, agonistici. Si può e si deve parlare di altro se la presenza sugli spalti di un campo da gioco diventa un reato punito con la reclusione.
E’ quello che sta succedendo a Ghoncheh Ghavami, 25enne iraniana, laureata all’università di Londra, volontaria nell’alfabetizzazione dei giovani in Iran.
Il 20 Giugno 2014 a Teheran era in programma la partita di World League di pallavolo Iran-Italia. Assieme ad altre attiviste dei diritti delle donne, Ghavami si trovava fuori dallo stadio per una protesta, affinchè fossero riconosciuti dal regime iraniano uguali diritti d’accesso a entrambi i sessi per assistere a eventi sportivi. Attualmente la legge iraniana non permette alle donne di assistere ad eventi sportivi maschili. Tale legge si dice sia stata adottata con il pretesto di proteggere le spettatrici dal comportamento lascivo di altri spettatori di sesso maschile e per non esporle alle volgarità verbali dei tifosi. Per di più le attiviste indossavano veli bianchi, laddove la legge prescrive l’uso di hijab colorati.

Ghavami è stata fermata al cancello dello stadio e rilasciata su cauzione. Dopo una settimana è tornata a recuperare i suoi oggetti personali, è stata nuovamente arrestata e portata nella prigione di Evin, in isolamento, per essere successivamente trasferita nella prigione di Varamin. Ha allora iniziato uno sciopero della fame il 1º ottobre 2014, dopo 100 giorni di isolamento.
Le autorità giudiziarie iraniane hanno affermato che le accuse a carico della Ghavami vanno dalla “propaganda contro il regime”, allo “spionaggio”, al “rischio per la sicurezza nazionale”.
In una lettera aperta al Presidente Hassan Rouhani, 300 attivisti iraniani per i diritti dell’Uomo e per i diritti civili hanno protestato per le condizioni di reclusione della ragazza.
Il Segretario britannico agli Esteri ha sollevato il caso della Ghavami con il ministro iraniano degli Esteri in un incontro alle Nazioni Unite a New York. Tuttavia l’Iran non riconosce la doppia cittadinanza della ragazza, disconoscendo quella britannica.
Si è mossa anche Amnesty International con la campagna https://www.amnesty.org.uk/actions/free-ghoncheh-ghavami-prison-iran-volleyball-protest da sottoscrivere via web.
In questo scenario il volley italiano si è mobilitato con una forte campagna di sensibilizzazione lanciando un hashtag #FreeGhoncheh, con striscioni e manifesti presenti in tutti i palazzetti d’Italia, messaggio riportato anche sulle maglie indossate dai giocatori durante il riscaldamento. Questo tema tocca da vicino anche il nostro Paese, in campo contro l’Iran proprio il giorno della protesta, come dice il nazionale Luca Vettori a ilfattoquotidiano.it:
“Non ci siamo accorti di nessuna turbolenza, anche se vedevamo fuori dal palazzo dello sport che alle donne non era permesso entrare. Quando la storia di Ghoncheh è tornata alla ribalta mi sono attivato in prima persona e ho chiesto alla mia società di fare qualcosa. Così insieme alla squadra femminile di Modena stiamo realizzando un video, ogni giocatore nella propria lingua, per chiedere che la ragazza venga liberata. Violare i diritti di qualcuno è violare i diritti di tutti. Noi c’eravamo e siamo responsabili

La situazione della giovane iraniana è sempre più critica. Su facebook è stata aperta una pagina dal fratello Iman, per sensibilizzare l’opinione pubblica, dove si legge:

“Sebbene nei giorni scorsi gli organi di stampa nel mondo riportassero la notizia della sua condanna a un anno di reclusione, Ghoncheh Ghavami non ha ancora saputo nulla della sua condanna. Dopo 129 giorni Ghoncheh non ha ancora incontrato il suo avvocato, Mr Tabatabaee, tranne in occasione dell’udienza. In segno di protesta, Ghoncheh ha smesso di bere acqua, liquidi e cibo e la sua vita è seriamente in pericolo. Ha anche smesso di collaborare con le autorità del carcere rifiutando la telefonata settimanale ai suoi genitori. Questo è il secondo sciopero della fame. Alla fine di settembre lo sciopero della fame durò 14 giorni per chiedere al tribunale di decidere sul suo caso. Ha interrotto lo sciopero solo quando la corte si è riunita”.
Anche Valentina Diouf della nazionale femminile parla del caso Ghavami:
“Sostengo fermamente la causa di Ghoncheh Ghavami. Spesso nella nostra vita non ci accorgiamo che nel mondo sono ancora presenti situazioni che limitano fortemente la libertà personale di alcuni individui: nel suo caso non riesco nemmeno a pensare come nel 2014 sia possibile vietare a qualcuno l’ingresso a una partita di volley e come si possa arrivare ad arrestare una ragazza che ha semplicemente cercato di essere una persona come tutte le altre. Spero che il nostro gesto contribuisca a sensibilizzare ancora di più la politica, e le coscienze, al fine di risolvere questa ingiustizia, barbara e medievale”.
In Iran è dal 2012 che è proibito alle donne l’accesso al palazzetto. Un provvedimento che arriva 33 anni dopo il divieto di assistere alle partite di calcio. Ora, grazie all’appello del Presidente della Federazione Internazionale di pallavolo Ary Graca, anche le Federazioni di tutto il mondo sono coinvolte e si affiancano a Amnesty International, che ha adottato Ghoncheh come prigioniera di coscienza e continua a chiederne il rilascio alle autorità iraniane.
Una situazione che è in bilico e che sicuramente farà ancora molto parlare, per gli sviluppi in corso e per l’importanza del tema sollevato, in un Paese con forti limitazioni per le donne in ogni campo.

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Marina Bassano

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