ED Attualità

Sì, viaggiare… Ma a che rischio?

di Emanuela Federici –

Ancora incredulità e sgomento, dopo l’ultima aggressione ad un’autista dell’Atac su una delle tratte della periferia di Roma Est. Sgomento per una violenza insensata e ingiustificabile che sta divorando la nostra routine tanto da lasciarci anestetizzati di fronte a un atto così grave. Le strade si riempiono di scelleratezza e indifferenza, creando una barriera indistruttibile tra ciò che di norma non dovrebbe essere accettato e ciò che la società moderna e i suoi estremismi ci impongono. E questo non è strettamente legato alla nuova realtà di immigrati su cui tanti puntano il dito. Spesso a decidere le sorti di un povero autobus sono proprio i nostri connazionali.

Negli ultimi anni decine di autisti sono state vittime di violenze durante la normale giornata lavorativa, spesso frutto di vere e proprie imboscate, senza alcuna tutela da parte delle società che gestiscono i servizi di trasporto pubblico. Una vera e propria lotta alla sopravvivenza, dove il premio diventa riuscire a finire il proprio turno di lavoro.

“Girare tra le strade di periferia, soprattutto durante i turni serali, è un salto nel vuoto”, ci racconta Carla, autista nella tratta Fossanova – Terracina. “Spesso ti ritrovi a dover sperare di non trovare nessuno in attesa alla fermata per non rischiare di avere a che fare con personaggi poco piacevoli. È una questione di probabilità. Nel settanta percento dei casi il viaggio va come deve andare. È quel restante trenta percento che ti fa rischiare di avere problemi seri e che ti lascia un senso di angoscia una volta finito il tuo turno”. Un terrore dovuto a scarsi controlli e sistemi di sicurezza inadatti alla realtà che nel corso degli ultimi anni si è andata via via sviluppando nella nostra provincia.

A volte la rabbia è deflagrata a causa dei molteplici disservizi, sia a scapito degli autisti che dei passeggeri. Altre semplicemente per un retaggio culturale secondo cui la donna può essere importunata a piacimento. La società progredisce, ma la visione della donna che resta nell’aria è ancora quella del sesso debole, della “femmina” che un po’ è fragile e indifesa e un po’ “se la va a cercare”. E quanto è sbagliato lo sa solo chi viaggia tutti i giorni. Chi è costretto ad adattarsi alle condizioni pur di dover andare avanti con la propria vita.

“La sera non è possibile prendere l’autobus per tornare a casa se non in gruppo”, spiega Giorgia, studentessa del Liceo scientifico Majorana di Latina. “Noi ragazze cerchiamo di non prendere mezzi pubblici oltre le 19.00 perché sappiamo che dopo il tramonto c’è più possibilità di essere infastidite”.

Ne parla come di una cosa normale, come se una ragazza non avesse il diritto di usufruire di un mezzo pubblico per tornare a casa quando più le aggrada. “Di solito sono gli stranieri che ci creano problemi, ma molto spesso le persone da cui ci sentiamo minacciate sono nostri connazionali! Una volta un autista ha dovuto accostare e fermare il mezzo che conduceva per aiutare una ragazza circondata da un gruppo di ragazzi che la stavano molestando, rischiando anche di essere ripreso per aver accumulato ritardo”.

In questi casi a quanto pare si dovrebbero chiamare le Forze dell’Ordine, ma poi i tempi di intervento potrebbero risultare troppo lunghi e allora si decide di correre il rischio…

“Ci sono delle donne che guidano pullman della Cotral sulla tratta Latina-San Felice Circeo. Quando ci sono loro il viaggio ci preoccupa ancora di più, perché potrebbero diventare loro stesse oggetto di molestie, soprattutto nel passaggio del mezzo in quelle zone “più pericolose”, come quelle in aperta campagna”. 

Negli ultimi tempi i fenomeni di intolleranza contro gli immigrati si sono fatti più frequenti, come se fossero loro la causa di tanta paura. Si teme chi è considerato “diverso” perché è più semplice, senza contare che la violenza è sempre stata presente nel nostro Paese, come nel resto del mondo. Non si tratta di razze, ma di culture (italiana compresa) inadatte ad ospitare l’ovvia parità dei diritti di ognuno di noi. Anche il diritto di viaggiare indisturbate.

Previous post

Quel mondo diverso. Quel mondo per pochi

Next post

Miracolo al Francioni, 3-2 e stiamo.

Emanuela Federici

Emanuela Federici

Redattrice -