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Borgo Le Ferriere la bonifica integrale

di Marina Cozzo –

 

“Non c’è più la morte rapida della malaria; ma la fame rende la vita insopportabile, il sovraffollamento diviene regola, la morte lenta per inedia minaccia tante vite di più.” Aldous Huxley

Le prime bonifiche della zona di Le Ferriere furono opera dei Volsci con i drenaggi dell’area “Bottacci”, dove realizzarono un cunicolo, che in seguito ebbe ruolo fondamentale per il funzionamento della ferriera e della successiva cartiera, e di altri che imbrigliavano le numerose sorgenti e le acque piovane del piccolo altopiano che va dall’attuale via Del Cavaliere al cimitero di Borgo Montello, con le molte altre opere simili sparse in tutto il territorio e con i vari canali di scolo mantenuti sempre efficienti e puliti.

Ma i Romani, non avendo più convenienza a coltivare queste terre poiché era più comodo e redditizio importare il grano dalle ricche terre conquistate (Egitto), non le curarono più. Così la palude si riprese quanto le era stato tolto e ci sono voluti duemila anni per arrivare ad un’opera definitiva con la bonifica integrale del regime fascista, i cui tecnici incaricati dovettero affrontare e risolvere tre grandi problemi: l’idraulica, la malaria e la colonizzazione del territorio.

Il Borgo de Le Ferriere, come per tutto l’Agro Pontino, era aggiogato in una trama di acque stagnanti alimentate dalle continue inondazioni del fiume Astura. Solo nel 1934, e solo quando si capì la necessità di alleggerire la portata del fiume, si risolse il millenario problema: così venne realizzato un canale artificiale denominato: “Allacciante Astura”. Dopo di chè le “piscine” superstiti furono risanate dall’On. Cencelli , responsabile dell’O.N.C., insieme al sig. Dominici, grosso proprietario terriero del posto, dove la malaria regnava sovrana, mietendo vittime senza tregua. Era difficile curarla e ancora di più debellarla.

Alcune fonti spiegano che nel 1908 a Campomorto, attuale Campoverde di Aprilia, vicinissimo al borgo, operarono per due mesi e mezzo ciascuno i dottori della Croce Rossa Italiana, Marucchi Enrico e Milano Giovanni, con la collaborazione dell’infermiere Bianchi Vincenzo. Poi, nel 1921 la direzione di Sanità istituì un Comitato per l’assistenza antimalarica atto a controllare numerose tenute pontine. Per il centro antimalarico di Le Ferriere il Duca Caetani di Sermoneta mise a disposizione l’abitazione per il personale e i mezzi di trasporto, divenendo così importantissimo per il circondario, e nel 1923 vi fu istituito un centro diagnostico in cui operavano otto infermiere per cinque mesi l’anno, coordinate dall’ispettrice Anna Celli.

Dal primo gennaio del ’33 il servizio antimalaria fu affidato alla Croce Rossa Italiana, che fece rimanere a Borgo Le Ferriere un ambulatorio con medico giornaliero. Nel 1936 il centro passò sotto il controllo del Comitato antimalarico di Littoria che, il primo maggio dello stesso anno, costituì le condotte mediche che operarono fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.

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Durante la guerra la malaria, che sembrava essere stata quanto meno controllata, divenne più aggressiva e più pericolosa di prima fino a quando gli americani, tra il 1945 ed 1946, distrussero con il DDT, definitivamente, le zanzare che causavano questa terribile malattia.

La colonizzazione del villaggio si ebbe con l’appoderamento a Veneti e Marchigiani, i quali, a riscatto del terreno, trovavano lavoro con relative abitazioni, stalle, forni, fienili, ecc.
A Le Ferriere l’ONC autorizzò un podere sperimentale irriguo (podere Menegatti) che permise una grande produzione di cereali da stoccare in un grande silos di cemento. Il borgo, fiore all’occhiello dell’Agro Pontino per la fertilità del terreno e per la tenacia dei coloni, fu interessato da una enorme produzione di grano, al punto che Benito Mussolini, capo del Governo italiano, volle eseguire una trebbiatura dimostrativa presso il podere 685 della famiglia Zanetti.

primo grano di pontinia
Marina Cozzo

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Marina Cozzo

Giornalista