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Lo stadio: genere maschile… Singolare!

di Emanuela Federici –

Una delle domande tabù che mai e poi mai bisognerebbe rivolgere ad una donna è “Che ne dici di andare allo Stadio domenica?”. La risposta sarà sempre e per sempre “NO!”, a meno che tu non sia Norman Reedus e i tuoi biglietti facciano accedere alla zona VIP con tanto di champagne e stuzzichini compresi! Però se a farti la domanda è la tua migliore amica costretta ad accompagnare i nipoti, la tua incondizionata fedeltà non potrà che farti accettare la cosa (il calcio) con la prospettiva di fare del bene.

Bisogna ammetterlo, non per tutte è così. C’è chi si appassiona per davvero a questo sport tanto incomprensibile al resto di noi povere comuni mortali, ma per le altre diventa un vero e proprio supplizio.
Recenti esperienze allo stadio di Latina accertano che già dall’ingresso l’irritazione si impossessa di te, quando uno sconosciuto in divisa, dall’aria non troppo sveglia, pretende di far scivolare le sue manacce unte nella tua borsetta nuova di Twin-Set  “per controllare – dice – che tu non abbia una bottiglietta d’acqua o una boccetta di profumo”.

Comunque, dopo aver superato dei tornelli degni delle migliori banche, la scena che ti si prospetta davanti è davvero raccapricciante: una massa indefinita di tifosi si accalca davanti ai bar per comprare patatine, gelati e bevande di varia natura, per poi trascinarsi alla ricerca dei propri posti, lasciandosi dietro scie di acqua strabordata dalle bottigliette senza tappo. Sembra di stare in un cine-panettone, con gente urlante, esaltata, piena di rabbia volutamente repressa durante il resto della settimana.

A questo punto la cosa importante è mettere a fuoco l’obiettivo principale: prendere posto! Visto che i biglietti per la tribuna coperta costano quanto taglio e messa in piega, ti ritrovi con quelli per gli spalti scoperti, al caldo, con persone sudaticce ancor prima dell’inizio della partita. Gente furiosa con i giocatori, con l’arbitro, con chiunque non stia cantando i cori della squadra.

Le bottigliette di prima, quelle senza tappo, che volano. Insulti che le rincorrono. Bambini agguerritissimi, nemmeno fossimo sotto assedio.

Con il trucco che si scioglie guardi quegli strani individui correre dietro una palla, presa più come scusa per litigare con l’avversario che come sport, e inizi a pensare che davvero ti sfugge qualcosa in tutto quel trambusto. Non dovrebbe essere divertente?

Vedi a qualche passo da te che l’unica bambina presente, per la noia, si appresta a piegare volantini trovati a terra per farne aeroplanini di carta. E allora realizzi. Non ci piacerà mai il clima da stadio per lo stesso motivo per cui, da piccoli, noi giochiamo con le bambole e voi vi divertite a bruciare le formiche con la lente d’ingrandimento!

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Emanuela Federici

Emanuela Federici

Redattrice -