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Femminicidi a Latina: Storia e storie

 

 di Cora Craus –

Latina è la città con il minor numero di femminicidi nel Lazio, una realtà virtuosa che si estende, oggi, anche alla nostra Regione, che dal secondo posto occupato nel 2015 scende al settimo del 2017, nella triste classifica per tali reati. Prima di continuare prendiamo in prestito dal dizionario on line l’esatta definizione di femminicidio: “Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetrare la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.

A Latina vi sono stati dei femminicidi che hanno “segnato” la Storia. Il primo quello di Maria Teresa Goretti, detta Marieta; avvenne in località le Ferriere, all’epoca parte integrante della nascente città di fondazione.  È chiaro che stiamo parlando di Santa Maria Goretti, Patrona di Latina.

Il femminicidio di Santa Maria Goretti, la vittima-bambina che il regime fascista, in accordo con la Chiesa, premeva perché fosse la prima santa pontina.  Ma la proclamazione di santità sarà velocemente portata a termine solo alla fine del secondo Conflitto Mondiale una volta caduto il regime; tutto, al quel punto, risultava “utilizzabile”, compreso il cambio di nome da Littoria a Latina, per tracciare un “confine” tra la corrotta società fascista e la nuova realtà politica italiana che andava delineandosi. Molti storici concordano che furono atti destinati a contenere i devastanti, possibili effetti di una fratricida guerra civile. Non abbiamo competenze tali da formulare una nostra seria opinione al riguardo abbiamo però rispetto per la storia di una città capace, ieri come oggi, di accogliere tutti, di accogliere gli ultimi e provare, tra sbagli e orrori, a dargli un futuro.

Una vicenda religiosa, una vicenda storica che è stata e continua ad essere al centro di una sterminata produzione letteraria.  Tra i tanti libri scritti sulla vicenda Maria Goretti vogliamo citarne uno in particolare pubblicato nel 1985 e definito un testo, fino ad oggi, tra i più “laici” dati alla stampa. Parliamo del libro “Povera santa, povero assassino – La vera storia di Maria Goretti” di Giordano Bruno Guerri. Un libro che, alla sua uscita, scatenerà le ire del Vaticano fino al punto che sarà istituita una Commissione per la confutazione alle sue tesi ed errori.

Sull’improvvisa fretta della Chiesa alla santificazione della dodicenne Maria scrive – Giordano Bruno Guerri – “Contadina [.] aveva avuto un martirio elementare e recente, un martirio alla portata di tutte. [.] era ideale per il culto popolare perché aveva agito al di fuori dalle gerarchie ecclesiastiche e non era santa astrusa, dagli incomprensibili meriti teogali o monastici ”.

Nel libro si adombra la tesi che la sua santità serva a coprire la normalità della presenza di tante donne abusate e invitate al silenzio e non solo in terra pontina. Un libro che riteniamo dovrebbe essere disponibile nella Biblioteca di Latina.

Personalmente, pur inserendo “d’ufficio” la Santa Patrona di Latina, nel tema del femminicidio, ogni qual volta si sia presentata l’occasione, abbiamo sempre nutrito incertezze, pudore, senso di estraneità, sentito come una mancanza di rispetto tout-court verso la “santita”, forse, retaggio di una personale, superficiale cultura cattolica, la fede è altro. Una cosa sono le lotte, le recriminazioni, la richiesta di leggi e finanziamenti ad hoc per questi crimini, diverso il giudizio, la richiesta implicita del perché di una specifica santità. E’ stato proprio l’incontro con questo libro, e, prima ancora, un articolo di Marianna Loy sul lavoro di Giordano Bruno Guerri a spazzare via remore ed incertezza, là dove la Loy scrive: “All’inizio di luglio del 1902 è assalita da uno dei giovani Serenelli, Alessandro, che già da un mese le sta dietro e prova a violentarla in casa. Visto il rifiuto della bambina, afferra un punteruolo e la colpisce lì dove avrebbe voluto colpire in altro modo, più e più volte fino a massacrarla”.

Il resto è storia: la piccola vittima fu portata in ospedale, con un colpevole, ma forse solo ignorante ritardo, dove le troveranno 14 ferite inferte con un punteruolo da 24 cm, sarà operata al polmone al diaframma e all’intestino senza anestesia, morirà di peritonite. I medici stileranno un documento che attesta: Maria Teresa Goretti è ancora vergine. Risuonano le parole scritte per Paese Sera Dacia Maraini: “Questa violenza continuata, atroce, muta, ricattatoria, sottile, abituale che viene compiuta sul corpo e sull’anima delle donne”. Parole scritte per un altro femminicidio nella nostra provincia: un’altra storia, la prossima.

 

 

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista