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Maria Goretti. 14 colpi di punteruolo

di Marina Cozzo –

La consapevolezza della morte ci incoraggia a vivere” – Paulo Coehlo

14 i colpi di punteruolo vibrati contro quel corpo grazioso e gentile di piccola donna. 14 le volte in cui Maria perdona Alessandro.
Le ferite infami che avevano crivellato Maria infliggevano un grave dissanguamento e il suo colorito sembrava già cereo. Eppure restò in vita ancora per ventiquattro ore: questo sapeva già di miracolo. Così fu possibile raccogliere informazioni sicure sul suo ferimento.
Intanto, tutti si prodigarono con sollecitudine per prestarle soccorso e avvertire sia i Carabinieri che il medico Bartoli, a Conca.
Al loro arrivo, i Carabinieri condussero di peso Alessandro Serenelli alla caserma di Nettuno, salvandolo dal linciaggio. Mentre Maria veniva trasportata in autoambulanza all’ospedale Fatebenefratelli di Nettuno.

 

La mamma, compagna in quell’interminabile viaggio, intuendo le sofferenze della figlia, non potè fare a meno di domandarle: “Ci stai male, figlia?” – nonostante le fosse stato proibito di parlare. E la piccola, per non rattristarla di più, rispose di no, però poco dopo: “Mamma, ci sta molto per arrivare?”. (questo dialogo è  tratto dalla registrazione dell’intervista alla mamma Assunta, depositata presso SS.ma Maria dei passionisti – Scala Santa – Roma).

Giunsero all’ospedale alle 20,00 e i medici disperavano di salvare la ragazza: sul suo corpo v’erano quattordici ferite con lesioni al pericardio, al polmone sinistro, al cuore, al diaframma, all’intestino tenue, all’iliaca e al mesenterio, ma comunque decisero di operarla.

In pochi istanti Maria si confessò e iniziò l’operazione che durò per due ore e fu dolorosissima, perché non era possibile praticarle l’anestesia.

Terminato l’intervento, venne concesso alla mamma di parlarle. Non appena vide la mamma, Maria la chiamò chiedendole se fosse rimasta a farle compagnia quella notte. Poi volle notizie dei suoi fratelli. Assunta, a sua volta, le chiese come si sentisse e la figlia rispose “Bene! Bene mamma.”
L’agonia, le ferite, l’intervento, la paura, attanagliavano la gola di Maria, una arsura indomabile, ma il medico fece divieto di dissetarla. Rassegnata, rimase con gli spasimi e la sete per tutto il resto del tempo.
Si era fatta mezzanotte e Assunta lasciò quel piccolo e tenero capezzale, per farvi ritorno la mattina dopo: la voce di Marietta era fioca, un roco sussurro labile, ma ancora tenace nel chiedere dei fratelli.
Verso le dieci, arrivarono i carabinieri per interrogarla, trovando ad assisterla oltre alla mamma, anche un’infermiera, due Suore dei Poveri e il dottore per le medicazioni.
Intanto le venivano suggerite delle preghiere che la piccola ripeteva con adorabile fervore, mentre baciava più volte il Crocefisso e l’immagine della Madonna.
Ma l’Arciprete di Nettuno, Mons. Temistocle Signori, notò in lei un peggioramento e pensò di amministrarle l’Eucarestia, inducendola a pensare al perdono di Gesù ai suoi carnefici. Poi le chiese: “Maria, volete perdonare anche voi al vostro uccisore?”. La piccola vittima rispose: “Sì, per amore di Gesù, lo perdono e voglio che venga in paradiso con me”.
Fatta la Comunione, rimase a lungo raccolta, un intimo discorso con Gesù, prima di ricevere l’Estrema unzione.
Il Cappellano dell’ospedale le propose di iscriversi all’associazione delle Figlie di Maria: era felice di poterlo fare e non finiva più di baciare la Medaglia benedetta che le venne donata.

Su proposta dei Carabinieri, la mamma le chiese se il Serenelli l’avesse infastidita anche altre volte ed ella rivelò che circa un mese prima il giovane aveva tentato due volte di farle violenza. Allora Assunta, turbata e rattristata, esclamò: “Amore mio, perché non me lo hai detto, che almeno non facevi questa morte?”. E Maria, scusandosi, risponde: “Mamma, egli giurò che, se l’avessi detto, mi avrebbe ammazzata… intanto mi ha ammazzata lo stesso”.

Ogni ora era un momento di vita in meno per la fanciulla, debolissima, cadeva spesso in delirio e, rivivendo il suo ferimento, urlava straziante: “Che fai, Alessandro? Tu vai all’inferno. È peccato, è peccato”. Poi, in un momento di lucidità, invocò: “Mamma, babbo”. Assunta abbassò lo sguardo ed ella, temendo di averla rattristata con il ricordo del padre, le chiese di perdonarla. Così la mamma, come a darle l’estremo addio, dolcemente le sussurrò: “Marietta, prega per noi… perdona tutti… raccomandati al Signore”.

Il delirio si faceva più frequente e ad un tratto esclamò: “Che bella Signora!”. Notò incredulità nei presenti e aggiunse: “Possibile che non la vedete? Guardate! È tanto bella, piena di luce e di fiori”.
Alla fine, come preoccupata in volto, invocò: “Teresa!”, abbattendosi esanime sui cuscini.
Il suo calvario era finito.
Erano le 15:45 del 6 luglio 1902.

 

 

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Marina Cozzo

Marina Cozzo

Giornalista