ED Racconta

Absolute beginners. Una latinense a Londra.

di Claudia Fratangeli –

Alla fine del primo giorno chiedo a che ora devo stare normalmente in ufficio la mattina. Mi viene risposto “some time after nine”, quando ti pare dopo le nove. Nella mia mente questo si traduce tra le nove e le nove e un quarto.

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Il secondo giorno ci riesco.

Il terzo giorno arrivo alle nove e quaranta.

Io ho un problema con gli orari la mattina. Ce l’ho dal liceo, quando riuscire ad arrivare puntuale alle 8.10 era una sfida quotidiana, che il più delle volte perdevo miseramente. Il pomeriggio lo gestisco decisamente bene, ma datemi un appuntamento prima di mezzogiorno e state sicuri che arriverò tardi.

 

In ogni caso quel terzo giorno arrivo trafelata, scusandomi per il ritardo e il mio capo mi guarda, con espressione serafica dicendo che in quest’ufficio non esiste il ritardo.

Volevo abbracciarlo. Forte. E dirgli che è tutta la vita che aspetto di sentire queste parole. Ovviamente parlo di orari lavorativi, un’altra storia sono le persone che ti fanno aspettare un’ora sotto casa, o in camera tua mentre il trucco si scioglie e l’acconciatura si smonta.

Con il progresso tecnologico abbiamo assistito ad un graduale dissolvimento dei confini tra la vita lavorativa e la vita privata, ma il mantenersi di rigidi orari d’ufficio, ha fatto si che a rimetterci fosse solo il tempo libero. Senza tra l’altro un comprovato aumento della produttività.

La filosofia che invece hanno adottato in zona startup è che ognuno ha i suoi orari, le sue esigenze, i suoi imprevisti e i suoi malanni. Ognuno si gestisce il proprio timetable a seconda della quantità di lavoro, in armonia con il team e con le necessità di ciascuno, per il beneficio comune. Lavorare assecondando i propri ritmi teoricamente massimizza il rendimento. Nullafacenti esclusi, ma d’altronde questo non è il loro mondo.

Cosi come si è liberi di arrivare con calma, bisogna anche essere pronti a lavorare fino a tardi o, come è successo a me questo mese, due weekend consecutivi senza pause.

Ma la verità è che quando fai una cosa che ti piace, ti appassiona e in cui credi fortemente, gli orari passano decisamente in secondo piano.

Con buona pace del cartellino!

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ed redazione

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