ED AttualitàED CulturaED in primaED Libri

Sabaudia tra le righe. Presentazione del romanzo di Sergio Zerunian “Dolcissimo Amore dagli occhi grandi”

 

 

di Cora Craus –

“Dolcissimo amore dagli occhi grandi” (Ed. Atlantide – pag.168 –  € 15) di Sergio Zerunian sarà presentato, nell’ambito della manifestazione “Sabaudia tra le righe”, oggi alle ore 17,30 presso Palazzo A. Mazzoni C.so Vittorio Emanuele III, 25 a Sabaudia.

Vogliamo riproporvi la recensione realizzata da Esseredonna- Magazine. Il lavoro di Sergio Zerunian è un libro autentico e poetico che porta insito un messaggio di fiducia nella vita, un compito impervio quando al centro, quando il cuore pulsante della storia narra il genocidio degli armeni nell’Anatolia Orientale avvenuto fin dal tardo ‘800 e proseguito ben oltre la prima guerra mondiale.

È una storia corale di due famiglie così lontane e così vicine, di due luoghi: Maenza pittoresco e minuscolo paese dei Monti Lepini e Malataya città dell’Anatolia, dell’Armenia, dell’Asia riportiamo un brano dell’esergo scelto dall’autore “A mio zio Sergio Motian, che per Veronica e i suoi figli è stato il “ponte” fra l’Armenia e l’Italia”

Il lettore si ritrova da subito coinvolto, grazie al solido padroneggiare delle parole, con le emozioni dei personaggi, con il carattere e la personalità dei “tanti” protagonisti; nella storia di Sergio Zerunian, come nella vita vera, ogni individuo è protagonista assoluto della propria vita, anche se non sempre delle proprie scelte, del proprio destino.

“Dolcissimo amore dagli occhi grandi” è un romanzo scritto sul passato e intinto nell’inchiostro e nell’anima del presente, dell’oggi, perché è una storia di uomini, donne, di umanità perduta e ritrovata e come tale, è una storia senza tempo.

Il popolo armeno fu sterminato dai turchi dell’Impero Ottomano; il genocidio degli armeni è considerato il prototipo dei genocidi del XX secolo i modi di sterminio non sono stati né diversi, né meno feroci di quelli nazisti.

Ma “Dolcissimo amore dagli occhi grandi”, lo ribadiamo porta un messaggio di speranza anche perché porta la concreta testimonianza che la forza della vita, per vie impreviste, imperscrutabili, prova a vincere, con successo, la disumanità dell’uomo. Il libro di Sergio Zerunian racchiude grandi temi come la famiglia, l’amicizia, i sogni, i conflitti, i fallimenti, il coraggio, la grande fede religiosa, che per sua natura non dovrebbe mai essere “contro”, ma incontro e confronto. Fra le pagine del libro scorrono sessant’anni di storia raccontati con una veridicità che rimbalza tra passato e presente, tra personaggi italiani e armeni, tra essere umani in cerca di pace e di un futuro migliore.

Durante il genocidio degli armeni, una terra così lontana, lontanissima da noi, se contestualizziamo i trasporti e le comunicazioni dell’epoca. Una famiglia, o quel che resta di una famiglia, arriva nei Monti Lepini transitando per Roma. Nel dipanarsi della storia e dei suoi intrecci parte il racconto a ritroso delle origini dell’autore. Così la voce narrante ripercorre la nascita della Repubblica Italiana, la seconda guerra mondiale, la fondazione di Littoria, l’inutile guerra all’Etiopia, anche se “guerre utili” per il popolo per la gente non sono mai esistite. Si ripercorre la prima guerra mondiale che forse contribuì in maniera determinante ad oscurare il genocidio che veniva perpetrato in quell’ angolo dell’Anatolia.

“Dolcissimo amore dagli occhi grandi”, è un racconto, è l’avventura di molte vite, che riesce a descrivere con un linguaggio mai ostile, dove sembra miracolosamente non esserci spazio per l’odio. Certo, c’è spazio, e tanto, per la paura, per l’incertezza di essere solo, quando la morte ti ha risparmiato, quando sei un esule, un senza patria. Quando si riesce a fuggire dall’orrore ad essere, forse, rifugiati da qualche parte, ma solo chi ha un po’ di danaro, alla mercé di trafficanti di esseri umani. No, non stiamo parlando dell’oggi, stiamo ancora parlando del racconto della diaspora del popolo armeno all’inizio del ‘900; fu in quel contesto che molte donne furono strappate alla famiglia e mandate negli “harem”, molti bambini indottrinati ad una religione a loro estranea e i maschi più grandicelli uccisi.

In questo libro di Zurian sono ben narrati, direi sottolineati gli slanci, i gesti anche minimi di umanità e accoglienza mostrati dalle persone verso gli esuli.  Fugaci, intensi momenti di malinconia e rimpianti vengono “allontanati” dai protagonisti con la forza della volontà, con l’attitudine alla fede, alla preghiera, un gesto tanto più importante perché proprio la loro fede, la fede cristiana era stata il “pretesto” dei turchi per attuare lo spietato genocidio contro un popolo inerme e pacifico.  Gli armeni: abitanti di quella terra, in quell’angolo dell’Anatolia, da oltre tremilacinquecento anni.

Scrive, nella prefazione, Antonia Arslan, la più famosa scrittrice armena vivente: “Una tipica storia italiana, in cui lo straniero è accolto, e trattato su un piano di parità, come è stato sempre tipico di un popolo che sa di essere l’esito di molte successive mescolanze di genti. Ma la parità esige un leale confronto, un reale radicamento e il rispetto delle leggi da parte dello straniero”.

Il racconto di Zurian è una riflessione sulle origini delle proprie radici, con il tratteggiare la vita dello zio, e del suo diventare da profugo, “un minore non accompagnato” anti-litteram, a cittadino italiano a pieno titolo e noi, con lui, diventare un po’ più liberi, meno impauriti, più cittadini del mondo.

 

 

 

Previous post

Gaeta, al via la digitalizzazione dei fascicoli dei caduti della seconda guerra mondiale

Next post

Sermoneta, Libri in Fiera. Presentazione del romanzo: “Maciste – Da Cisterna a Stalingrado” di Salvatore D’Incertopadre

Cora Craus

Cora Craus

Giornalista