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Incontro con l’autrice Antonia Arslan e il dramma del genocidio. Il 28 febbraio presso la Curia vescovile

  • Di redazione-

La grande letteratura a Latina. E stavolta il dramma umano e di un popolo ricorda che i genocidi non appartengono a una singola giornata ma al genere umano. Così con Antonia Arslan, scrittrice italiana di origine armena, ricordiamo uno dei tanti drammi di un popolo perseguitato sin dalla notte dei tempi. L’appuntamento è per giovedì 28 febbraio alle 17.30 presso la sala convegni della Curia vescovile in piazza Paolo VI, un incontro organizzato dalla locale sezione dell’Ucid, in collaborazione con i Lions e l’associazione Minerva, godendo anche del patrocinio dell’ambasciata armena. Il titolo dell’incontro è racchiuso nel primo e ultimo libro dell’autrice, rispettivamente ‘La masseria delle allodole’ e ‘La bellezza sia con te’, sarà lo scrittore e giornalista Gian Luca Campagna a dialogare con l’Arslan, dopo l’apertura del presidente Ucid Francecso Berardi, i saluti istituzionali dell’ambasciatrice armena Victoria Bagdassarian, più gl interventi del professore Rino Caputo, l’avvocato Carlo Piccolo e il senatore Riccardo Pedrizzi. L’ingresso è libero.

Antonia Arslan è stata professoressa di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova ed è nota per aver pubblicato ‘La masseria delle allodole’, romanzo sul genocidio degli Armeni, oltre che al recente romanzo ‘La bellezza sia con te’: infatti, l’appuntamento verterà su questi due libri, il primo e l’ultimo.

È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice (Dame, droga e galline. Il romanzo popolare italiano fra Ottocento e Novecento) e sulla galassia delle scrittrici italiane (Dame, galline e regine. La scrittura femminile italiana fra ‘800 e ‘900); attraverso l’opera del poeta armeno Daniel Varujan — del quale ha tradotto le raccolte II canto del pane e Mari di grano — ha dato voce alla sua identità armena. Ha curato un libretto divulgativo sul genocidio armeno (Metz Yeghèrn, Il genocidio degli Armeni di Claude Mutafian) e una raccolta di testimonianze di sopravvissuti rifugiatisi in Italia (Hushèr. La memoria. Voci italiane di sopravvissuti armeni).

Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, La masseria delle allodole, che ha vinto il Premio Stresa ed è stato finalista del Premio Campiello e che tre anni dopo è stato portato sul grande schermo dai fratelli Taviani. Nel 2009, sempre con Rizzoli, ha pubblicato il libro La strada di Smirne.

La trama de ‘La masseria delle allodole’: la storia è ambientata nel 1915 in Anatolia, allo scoppio della prima guerra mondiale. Si apre con una descrizione di una famiglia armena, gli Arslanian. Quando il capofamiglia Hamparzum muore, della famiglia si deve occupare il suo secondogenito Sempad, poiché il primogenito Yerwant si è trasferito in Italia giovanissimo, dove è diventato un medico molto ricco e apprezzato. La morte del padre fa rinascere in Yerwant la voglia di ritornare a vedere il paese natale, quindi inizia ad organizzare la rimpatriata per ritrovarsi con il fratello Sempad. È ormai il maggio 1915, e l’ora del massacro si avvicina. Un giorno si presenta alla porta degli Arslanian Krikor, il medico, che racconta che tutti gli uomini sono convocati in prefettura nel pomeriggio, non si sa perché. Memori delle stragi del 1894-1896, Sempad e Krikor decidono che è più prudente rifugiarsi per una giornata alla Masseria delle Allodole. Mentre in città aumenta il panico, Shushanig, la moglie di Sempad, decide di raggiungere il marito alla Masseria delle Allodole insieme a tutta la sua famiglia e ad alcuni amici.

Un gruppo di soldati si accorge però di questo spostamento e raggiunge la Masseria delle Allodole. Sapendo la fine che è prevista per gli armeni e vedendo una casa così ricca (sperando quindi in un lauto bottino), il gruppo irrompe nella masseria e uccide tutti i maschi, compresi i bambini, tranne il piccolo Nubar, che portava un vestitino da femmina. Avvisato da alcune donne, arriva nella masseria anche il colonnello, amico di Sempad, che vedendo il massacro e non sapendo la vera fine che è ormai decisa per gli armeni, richiama duramente i soldati assassini. Le donne della famiglia Arslanian tornano nella loro casa cittadina, confortate da Ismene, una lamentatrice greca.

Intanto viene deciso che le donne armene rimaste devono andarsene dalla città, per venire accompagnate dai soldati in un posto non meglio precisato. Inizia così un viaggio terribile che porta il gruppo fino ad Aleppo, il cui scopo è in realtà ricavare tutta la ricchezza possibile dalle prigioniere e violentarle o ucciderle. Le sopravvissute, tra cui Shushanig e Azniv, sono seguite da Ismene, il mendicante Nazim e il prete greco Isacco con la moglie, che cercano un modo per aiutarle. Ad Aleppo riescono a trovare Zareh, fratello di Sempad e amico della moglie del console francese. Con l’aiuto di quest’ultima e corrompendo alcune guardie, i tre riescono a portar via Shushanig e i suoi figli ancora in vita (Arussiag, Henriette e il maschietto Nubar) e a nasconderli fino a che non potranno essere portati in Italia da Yerwant al sicuro. Azniv si fa uccidere, a un passo dalla liberazione, per permettere ai suoi nipotini di non essere scoperti mentre vengono fatti scappare.

Il romanzo si chiude, in un salto temporale, con la voce della narratrice “nessuno, caro lettore, è più tornato nella piccola città”. Dal romanzo di Antonia Arslan è stato tratto l’omonimo film dei fratelli Taviani.

 

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