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Autrici pontine. “Spigolando” di Geltrude Agrestini. Un vero caleidoscopio di personaggi e di emozioni

Di Cora Craus –

“Spigolando” di Geltrude Agrestini è una raccolta breve, 3 racconti corali con un caleidoscopio di personaggi e di emozioni. I racconti, pur nella loro unicità sono legati da un invisibile filo di Arianna: la denuncia sociale, lo schierarsi dalla parte degli ultimi, degli sfruttati, dei non amati e sempre con uno sguardo verso qualcosa di superiore, un rifugio, una consolazione per l’anima martoriata, la fede. Un lessico curato e molto accessibile; una narrazione lineare e coinvolgente crea un’immediata empatia con i personaggi. Le storie racchiudono sempre un richiamo romantico e un briciolo di suspense, uno srotolarsi sulla falsariga dei spy story.

 Lo stile scelto dall’autrice è quella della contrapposizione dei personaggi: i buoni e i cattivi.  Personaggi tratteggiati con grande incisività come i sentimenti che li abitano. I racconti parlano di singoli destini ma sono tasselli di una storia più grande di quella raccontata, parlano della grande commedia umana, parlano di noi, della difficile manutenzione della vita.  Sono racconti di ampio respiro intrecciati ed illuminati da un senso di “scontata, normale” solidarietà. Così difficile, così rara da incontrare nella nostra odierna tormentata società.

 Sbirciamo più da vicino i tre racconti che sono: “La muta”; “Strana follia” e “L’araba fenice”.

“La muta” è una storia, dove si contrappongono senza soluzione di continuità grande cultura e troppa ignoranza, ambientata a Firenze al centro del racconto c’è l’innamoratissima coppia formata da Lavinia e Davide Talarico così diversi tra loro: lei attratta dalla mondanità con i suoi riti, il suo potere spesso superficiale ed inumano; lui uno schivo Rettore dell’Università di Firenze, un famoso entomologo, lo chiamano fin da giovane “l’acchiappa farfalle” per la sua passione a studiare appunto i lepidotteri. È anche il suo modo di vedere la vita: convinto che dal brutto può nascere una meraviglia proprio come nei lepidotteri. Potremmo dire che Davide è abituato a vedere con gli occhi del cuore e seguendo questa sua inclinazione guarda e scopre valori morali e talenti in Vanessa, una ragazza cui la vita è stata, a dir poco, matrigna. È una ragazza muta, zoppa, goffa con un triste vissuto familiare alle spalle; la ragazza ha un innato talento, come ben presto scopre il prof. Talarico, per l’osservazione e la fotografia e una grande spontanea disciplina. Ma, sì, c’è un grande ma: il paese la considera, al pari della sua sfortunata madre e zia, portatrice di malocchio; malgrado la protezione del prof e dei suoi figli è difficile fare da argine alla tanta cattiveria umana…Nel leggere il racconto, inevitabilmente, il pensiero è andato alla cantante Mia Martina, che sommersa dalla solitudine si uccise, come molti di noi ricorderanno il mondo dello spettacolo la emarginò fino a portarla alla morte perché credeva portasse sfortuna, portasse malocchio.

“La strana follia” è una storia amara, bella e struggente ambientata a Napoli. La protagonista Minerva/Minni è una bambina poco amata perché la famiglia aspettava il “figlio maschio” dopo aver “sopportato” l’arrivo di tre femmine. Non c’è una vera e propria cattiveria da parte della famiglia, vi è più una incapacità a donare amore, una oppressiva anaffettività è Minni è una bambina dalla notevole intelligenza e sensibilità.

I genitori, il padre un Generale, la madre una splendida donna, sono presi dal loro ruolo sociale, dal loro essere èlite, caratteristica che si concretizza nell’abitare in uno dei luoghi più belli, antichi ed esclusivi di Napoli: Posillipo. Il racconto si snoda attorno al disagio di vivere di Minni, disagio che esprime nel mettere alla berlina tutte le persone che le sono intorno attraverso la realizzazioni di caricature. Minni, ha un vero talento per il disegno, per l’umorismo e purtroppo anche per pesanti scherzi. Uno di questi scherzi/provocazioni, realizzato nei confronti della famiglia del futuro marito della sorella Andromeda, sarà l’inizio di un calvario: considerata pazza sarà chiusa in una clinica psichiatra; il racconto è una girandola di colpi di scena, di inimmaginabili sviluppi e amore…

“L’araba fenice” In quest’ultimo racconto si srotola una storia di coraggio e d’amore. Il dolore, l’abbandono non hanno spento il limpido spirito, la bella intelligenza di Donata, una bimba orfana a tre anni della mamma e portata in un orfanatrofio dal padre e quasi dimenticata. Un posto cupo, anaffettivo come Suor Ingrid, la suora cui viene affidata Donata. Ma, qui vi è anche la pacata rivoluzionaria e affettuosa Suor Elvira, una persona così diversa, prega lavorando: come elettricista, fabbro, muratore ecc. e che accoglie e ama Donata come una figlia vegliando su di lei fino alla maggiore età e oltre.

 Suor Elvira ha un piccolo, dolce segreto: il ricordo, carico d’amore, della sua famiglia di quel rito del nonno e del padre di costruire e regalare ad ogni nuovo nato della famiglia un piccolo, mitico uccello di legno: l’araba fenice. L’uccello che, recita la leggenda, risorge dalle sue ceneri e che dà il titolo al racconto.

 Suor Elvira disegna su un foglio una colorata e bellissima araba fenice e quasi per continuare la tradizione familiare lo regala a Donata che lo custodirà come il più prezioso dei doni e da cui, nel corso della vita, attingerà fiducia e sicurezza ricordandole l’affetto incondizionato di Suor Elvira. Il racconto è una rocambolesca spy story ambientata ai nostri giorni tra quegli ultimi, quei disperati che sono i lavoratori e le lavoratrici agricoli stranieri veri moderni schiavi, dove le donne devono subire anche lo sfruttamento, l’onta del ricatto sessuale.

 Donata appena divenuta maggiorenne, grazie alle raccomandazioni della Madre Superiore e del vescovo, trova lavoro in una azienda agricola. Qui si trova a scoprire un mondo nuovo ben diverso dalle grigie e sicure mura dell’orfanatrofio, qui incontra amiche, persone che a modo loro l’apprezzano come Gloria, un’efficientissima impiegata, Armando, un lavoratore attento e scrupoloso così come deve fronteggiare Pietro, il fattore un vero e proprio orco, terrore di tutte le giovani lavoranti.  Come abbiamo ricordato questo racconto è una spy story e non tutte le persone sono quelle che appaiono. Cosa succederà alla bellissima Donata con l’inconfondibile massa di capelli rosso tiziano e i grandi occhi color smeraldo?

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista