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Autori pontini, autori in divisa. “Senza numero civico” di Giovanni Pacella

 di Cora Craus

 È un momento, a torto o a ragione, di grande popolarità per gli autori in divisa… e, ovviamente, all’appello non poteva mancare un autore pontino di adozione ma fieramente napoletano di nascita parliamo del Sottoufficiale della Marina Militare Giovanni Pacella e della sua recentissima pubblicazione “Senza numero civico” (ed. Ulisse.net – Metropoli’s. pag.284 –  €12). Il libro sarà presentato, prossimamente, in anteprima a Latina.

 L’autore vincitore di numerosi premi, noi, citiamo solo il concorso indetto nel 2004 dal Corriere della Sera vinto con la raccolta di poesie “Sfumature dell’essere”.

 “Senza numero civico” è un lavoro di creatività difficile da racchiudere in una specifica categoria o stile. La caratterizzazione di questo lavoro, a nostro avviso, sta nella contaminazione degli stili, nel vagabondare dei sentimenti, nell’astrazione classicistica e forse nell’involontario pathos e nell’enfasi di una ricerca di semplicità mai banale dei personaggi che raggiunge la perfezione, la purezza del naif. Le storie appaiono frammenti di quel prezioso e fragile marmo policromo che è la memoria. Storie che sfumano e si legano l’una all’altra con insospettabile logica e incisività.

 In noi, hanno risvegliato gli echi di una “Scapigliatura” con i suoi aspetti più noti: il rispetto e l’attaccamento per l’ideale grandezza delle arti della letteratura, la bellezza del passato e la viva tensione critica e morale al suo interno. L’autore, con innata educazione e uno stile colloquiale, presenta il suo lavoro anticipando qui e là qualche indizio, qualche personaggio o luogo che incontreremo durante la lettura, durante “il viaggio” come lui stesso lo definisce.

 “Senza numero civico” titolo evocativo di libertà, titolo che vuole indicare l’assenza di una meta precisa, lo definiremmo, parafrasando Filippo Tommaso Marinetti, racconti e riflessioni in libertà.

Immergiamoci nelle sue pagine curiosando qui e là tra i vari racconti: in “Peppe Sgarra”, con toni un po’ da commedia dell’arte viene narrata la storia del personaggio del titolo. Un racconto che divertirà il lettore e lo porterà ad apprezzare l’immaginazione dell’autore che, partendo da qualche cenno biografico ascoltato casualmente in un gruppo di persone in attesa di un intervento chirurgico, creerà la divertente boutade di Peppe Sgarra da Carpi, un personaggio da cui prendono vita tanti piccoli avvenimenti e tante comparse tutte tratteggiate con grande e divertita ironia.

Una delicata storia di fede e di amore filiale nel racconto “La sedia di Gesù” dove i protagonisti Vincenzo Bolivar, sua figlia Libertad e Don Pedro, parroco di una cittadina spagnola, danno vita ad un profondo riconoscimento della fede.  Don Pedro, che si è recato al capezzale del morente Vincent Bolivar, scopre la forte e semplice fede di quest’uomo che gli racconta di aver costruito una sedia per Gesù così da poterlo immaginare vicino e potergli raccontare, parlare, pregarlo come se lo avesse davanti a sé. Non vi sveleremo la dolcezza finale del racconto…

Si torna a sorridere con il racconto “La Sibilla Bettina”, novella Sibilla Cumana che qualche estroso politico ne vorrebbe far rivivere i fasti… curiosità e divertimento assicurati!

 Una parte piuttosto consistente nell’economia del libro, l’autore l’ha titolato “L’erisario”, volendo alludere agli eretici che hanno “abitato” la Chiesa. Qui Pacella, pur confermando il suo saldo sentimento religioso prende le parti di chi ha molto patito proprio per la fede e come in un vecchio film muto con le didascalie tornano alla mente i torti, le strutture e le crudeltà della chiesa attraverso i secoli nei confronti dei credenti. Vi è narrata una chiesa inutilmente crudele, spesso beona e affaristica lontana dalla parola del Cristo. L’autore denuncia tutto questo con strofe e sonetti ispirandosi, come lui stesso anticipa, a Trilussa, al Belli o al più antico Marziale. A noi piace immaginarlo quale novello Pasquino che tra uno sberleffo, una denuncia e una preghiera chiede giustizia e rispetto dei principi cristiani all’interno dell’universalità della chiesa.

Ça va sans dire qualche parola a parte merita il racconto “O’ munaciello” perché racchiude una delle più conosciute leggende napoletane. L’autore narra di come, forse, sia nata la leggenda e come una superstizione può essere buona o cattiva secondo gli occhi e il cuore di chi la guarda, la evoca e la ricorda. La leggenda racchiude una grande verità: è la storia di uno e nello stesso tempo di tutti coloro che hanno una handicap e sono derisi, umiliati dai più e accarezzati, rispettati e amati dai buoni di cuore, quelle persone belle il cui scintillio dello sguardo è un balsamo per l’umanità.

In un gioco di proiezioni mentali, fa incontrare ne “La profezia del Minotauro” un giovane siciliano chiamato Oceano con il famoso e feroce Minotauro sconfitto da Teseo. Il racconto vuole essere una parabola sull’incapacità dell’uomo di smettere con la violenza. Si parla di pace e dell’inutile ferocia della guerra (tematiche quando mai attuale) nel racconto “Kyriake”, il nome di un vento forte come un uragano che, secondo la tradizione, soffia in ogni luogo dove c’è una guerra. È un vento che spazza via violenza, odio e disperazione. Il racconto ci ricorda che il dolore è uguale per tutti, ovunque, sotto qualsiasi bandiera.

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista