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Quattro passi nella storia di Antium: il Museo Civico Archeologico di Anzio

Di Monia Taglienti

 

Il fragore della città è lasciato alle spalle mentre gli occhi si riempiono di antichità; il Museo Civico Archeologico di Anzio si compone di otto settori, si è accolti da un enorme atrio che ti fa sentire piccolo come quando si entrava a scuola da bimbo. Dirigersi nella storia di Anzio equivale a varcare l’ingresso di una villa del tardo ‘700; il Museo è posto, infatti, al pianterreno di Villa Adele voluta dai Pamphily e poi terminata nel ‘900 dai successivi proprietari.

Ad accogliermi un gigantesco mosaico figurativo monocromatico facente parte di una sala conviviale, abbraccia al suo interno due tigri, un leone, una pantera cavalcata da un erode alato e le due aquile che rappresentavano il potere degli Imperatori.

Sembra come se sia stato posto all’ingresso come un benvenuto al visitatore.

Cammino sospesa tra secoli di storia e la maestosità del luogo mi spinge a prenderne parte; tento di immaginare quanta vita ci fosse e quanta sacralità oggi è rimasta. La Fanciulla d’Anzio mi guarda qualche passo più in là, ritrovata nel 1878 dopo una mareggiata sulle coste di Anzio, portata da Nerone per l’allestimento della Villa Imperiale rappresenta una Portatrice di Pace; la pace è ciò che si respira in questo luogo mistico per il territorio di Anzio, al di là delle battaglie del tempo ora si apprezza il grande sfarzo di una committenza facoltosa e raffinata.

Nella prima sala del Museo è allestito un plastico del territorio di Antium del primo secolo che fa capire quanto fosse ottima la sua posizione e delle teche con degli oggetti portati in dono alla Dea della Fortuna e al Tempio di Giove. Rifletto sull’importanza che aveva la religiosità per la cittadinanza dell’epoca e su quante tracce abbiano lasciato della loro quotidianità: una routine scandita dalle forze celesti, dal cibo e della ricchezza.

Passo dalla prima alla seconda sala dove un’enorme affissione indica come oggi è Anzio, un parallelo tra passato e presente in pochi passi e un tuffo di nuovo nei secoli, si trovano nella stessa sala due oggetti della vita familiare dell’epoca: il guttus (un biberon) e un sarcofano mai utilizzato del terzo secolo. Questa parte del Museo mi prende per mano e mi rende partecipe della vita di tutti i giorni del popolo di Antium. La terza e quarta sala regalano cenni sulle abitudini degli antichi, le attività produttive e materiali archeologici rinvenuti da urne e sarcofagi. Dalla vita alla morte in pochi passi, è come viaggiare nel tempo e nello spazio.

Il Ninfeo di Ercole è forse il monumento più importante del Museo, lo si trova all’ingresso della quinta sala come se fosse realmente parte del Museo, non è decontestualizzato, sembra  di essere all’aria aperta; il Ninfeo infatti faceva parte di un giardino di una villa romana ed è stato rinvenuto nel 1930 a Villa Sarsina. Chiudo gli occhi e immagino il cielo blu e il verde degli alberi che accompagnavano la scena rappresentata nel Ninfeo.

Più e più volte ho pensato di togliere gli abiti di trentenne di fine 2014 e metter su un drappo color avorio per vivere su pelle ciò che gli occhi man mano osservano. E’ un vivere il passato a distanza di centinaia di anni, come se gli antichi ci volessero far un regalo e raccontare chi fossero.

 

La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, nunzio dell’antichità

Marco Tullio Cicerone, De oratore, 55 a.e.c.

La Sala degli Intonaci, precisamente la sesta, mi regala la gioia di essere all’interno di un affresco, forse gli antichi erano abituati a così tanta maestosità, per noi sono vere e proprie scoperte. La statua acefala di marmo grigio al centro della sala dirige lo sguardo del visitatore sulle altre opere, come se fosse spartiacque fondamentale. Tutt’intorno intonaci rivenuti negli scavi di recupero della Villa Imperiale in cui i restauratori hanno tentato di riportare alla luce la vecchia bellezza, s’ipotizza delle Terme della Villa.

L’Ultima Sala è dedicata in parte alla copia del Gladiatore Borghese un giovane guerriero rappresentato nel marmo bianco, di cui l’originare è posta al Louvre di Parigi e in parte alla teca numismatica.

 

Esco dalla porta principale, lasciando alla mia sinistra il monumentale mosaico monocromatico e sentendo in lontananza gli zoccoli dei cavalli che entrano a Villa Adele, sorrido e guardo il cielo, in dei conti fino a qualche secolo fa questa era casa loro, io ho solo fatto un tuffo nella storia, mi inchino e ringrazio come si faceva all’epoca e tolgo il disturbo da questo luogo incantato.

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