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DONNE E SPORT, STORIA DI UN AMORE TRAVAGLIATO

di Marina Bassano –

La festa della donna ci teniamo a festeggiarla anche celebrando un campo in cui è stato difficile entrare ma che oggi è stato ampiamente conquistato e regala ogni giorno grandi soddisfazioni: lo sport al femminile. Lo faremo tracciando una linea esplicativa e a rimarcando l’importanza di quello che rappresenta uno dei tanti traguardi raggiunti dalle donne in tempi moderni. Se oggi vedere una donna che fa sport e che riesce ad alti livelli è una cosa normale, anzi ai giorni nostri è nettamente prevalente la percentuale di donne vincenti nelle discipline sportive rispetto agli uomini, non era una cosa scontata solo fino a qualche decennio fa.

In tempi antichi, dalla nascita delle olimpiadi in Grecia, ovviamente lo sport era considerato un campo ad esclusivo appannaggio del sesso maschile, virile, forte e competitivo. Settore che andava tra le altre cose, a rimarcare la sfera del potere, costituendone un’eco e un riflesso diretto.

Ovviamente complice il diktat della Chiesa, che voleva la donna relegata al ruolo di angelo del focolare, e le varie convinzioni sociali e culturali che la volevano debole e incline ad ammalarsi spesso, non poteva essere concepito un ruolo che prevedesse di usare il loro corpo per scopi sportivi, avvicinandole in modo pericoloso all’uomo e ai suoi compiti, quasi a voler invadere la loro sfera d’azione. In più non erano ritenute abbastanza forti da reggere un allenamento fisico adeguato e che anzi questo avrebbe portato disfunzioni a livello di gestazione e del parto.

Ad Atene nel 1896, alla prima Olimpiade moderna, le donne non possono partecipare; tuttavia c’è una competitrice non ufficiale alla maratona, una donna greca di umili origini conosciuta come Melpomene. Il nome reale è Stamati Revithi. Non le è consentito correre nella gara maschile, ma correrà da sola il giorno successivo. Nonostante questo gesto, non sarà ricordata nei medaglieri ufficiali.

Bisogna aspettare il 1900 a Parigi per vedere la prima olimpiade al femminile durante la quale una tennista inglese, Charlotte Cooper diventerà la prima campionessa olimpica, vincitrice di cinque titoli individuali. Durante questa olimpiade, anche se in modo non ufficiale, le donne presero parte a gare di tennis, croquet, vela e golf.

Nel 1908, a Londra, parteciparono 36 donne su un totale di 2008 atleti, sempre in modo non ufficiale, in gare di tiro con l’arco, pattinaggio, vela, tennis e gare con imbarcazioni a motore. Nelle Olimpiadi del 1912, a Stoccolma, le donne furono ammesse anche alle competizioni di nuoto: l’australiana Fanni Durack vinse i 100 m stile libero eguagliando il tempo realizzato ad Atene (1896) dalla medaglia d’oro maschile.

Dopo la I Guerra Mondiale, ad Anversa, nel 1920, le donne parteciparono per la prima volta in veste ufficiale alle Olimpiadi. Alice Milliat fonda la Federazione sportiva femminile internazionale, e nel 1922 furono organizzati a Parigi i giochi mondiali femminili in opposizione a quelli olimpici. Di risposta, nel 1928 all’olimpiade di Amsterdam poterono partecipare alle gare di atletica e di conseguenza aumentò notevolmente in numero di partecipanti: 290 donne su un totale di 2883 atleti.

Nelle Olimpiadi del 1948 a Londra fu protagonista l’atleta olandese Francina Elsje Blankers Koen, conquistando quattro titoli olimpici in atletica leggera, definita “mamma volante” dato che era mamma di due bambini. Anche Micheline Ostermeyer, lanciatrice del disco, si segnalò per le sue qualità e per la sua personalità.

Nel 1968 in Messico, per la prima volta, l’ultimo tedoforo fu una giovane donna, l’atleta Norma Enriqueta Basilio de Sotelo. Negli anni la presenza femminile ha continuato ad aumentare; nel 1988 a Seul, Corea del Sud contiamo 2194 donne su 8391 atleti. Nel 2000 ai giochi di Sydney la fiamma olimpica venne portata da donne-tedoforo per commemorare i cento anni della partecipazione ai Giochi di rappresentative femminili.

Nei giochi di Londra 2012 le donne costituiscono il 45% degli atleti; è stato introdotto per la prima volta il pugilato femminile, l’unica disciplina che ancora era riservata ai soli uomini. I giochi di Londra hanno un altro primato: per la prima volta tutte le Nazioni iscritte presentano almeno una donna nella loro delegazione; incluse le nazioni musulmane: l’Arabia Saudita ad esempio in atletica e in judo; il Brunei ha iscritto una donna in atletica e il Qatar quattro: in atletica, tiro, nuoto e tennis da tavolo; una delle atlete di questa nazione è stata la portabandiera durante la cerimonia di apertura.

Nel 1985 nasce la Carta per i diritti delle donne nello sport, proposta dall’Uisp e trasformata dall’UE nella Risoluzione per le donne nello sport nel 1987. Per rivendicare un’assoluta parità di diritti tra i sessi nell’ambito sportivo e mettendo in evidenza invece le tante barriere che lo impedivano.

Parlando di Olimpiadi invernali, citiamo alcune discipline: nel Bob, le atlete parteciparono per la prima volta nel 2002 a Salt Lake City. L’Hockey su ghiaccio è stato aperto alle squadre femminili nel 1998 a Nagano. Il Biathlon venne introdotto nel 1992 ad Albertville per le donne. Altre specialità come lo Short Track (1992) e lo Snowboard (1998) sono state inserite nelle ultime edizioni e sono state aperte da subito sia a uomini che a donne. Grande conquista per le donne nelle Olimpiadi di Sochi è stato il salto con gli sci, prima ritenuto troppo pericoloso per le atlete.

Differenze ce ne sono eccome tra le vite e le prestazioni di uomini e donne in competizioni sportive, partendo dalla preparazione , al modo di vivere la competizione, ad ambizioni e remunerazioni. Uomo e donna hanno le stesse potenzialità nel raggiungere i propri obiettivi, magari con competenze e risorse diverse, superando limiti diversi, affrontando percorsi molto divergenti.

Alla base di tutto c’è una evidente differenza fisiologica che non deve essere ignorata. La donna adulta può raggiungere al massimo i due terzi della forza dell’uomo per la minore massa muscolare. L’allenamento sulla forza muscolare può determinare nella donna un aumento di forza del 20-30% ma l’ipertrofia muscolare è comunque in valori assoluti minore che nell’uomo. La massa muscolare è diversa nella donna anche per distribuzione: nelle donne è maggiormente sviluppata nella parte inferiore del corpo e nelle gambe. Alcune di queste caratteristiche possono migliorare la condizione femminile: minore massa muscolare significa minori resistenze vascolari periferiche, migliore attivazione neuromuscolare, maggiore ossidazione degli acidi grassi. Il basso livello di testosterone impedisce alla donna di incrementare con l’allenamento la massa muscolare, ma non impedisce di esaltarne le capacità di resistenza alla fatica. L’organismo femminile risulta perciò dotato di una elevata elasticità, nettamente superiore a quella dell’uomo, che si traduce in evidente vantaggio nella pratica di alcuni sport.

Questo “matrimonio” tra donne e sport ha dovuto percorrere molta strada per arrivare dove è oggi, anche se ci sono paesi in cui ancora la strada da fare è tanta. Pensiamo ad esempio all’Iran, dove alle donne è vietato anche assistere agli incontri sportivi maschili.

Siamo così abituati a vedere donne vincere a livello internazionale, nazionale e locale,in molti casi in misura maggiore dei corrispettivi maschili in sport di squadra o individuali, che troppo spesso ci si dimentica di come queste conquiste sono state ottenute. Per questo come per altri  settori, oggi ce ne ricordiamo perché è la nostra festa, ma ricordiamocene sempre, tutti i giorni dell’anno.

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Marina Bassano

Marina Bassano

Redattrice