ED editoriale

“L’odore dell’India” di Pier Paolo Pasolini

Di Cora Craus –

“L’odore dell’India”, il taccuino di viaggio di Pasolini, è un memoir sentimentale; del resto il titolo del libro, ancora prima di sfogliarlo, ci riporta a Proust, che scopriremo poi più volte citato dall’autore, e alla nostalgia di ricordare e riconoscere attraverso l’odore. Per Proust ciò avviene attraverso il delicato odore delle madeleine mentre Pasolini s’immerge e fa immergere il lettore nell’odore acre, speziato, dolcissimo, vivo, nauseabondo, indimenticabile dell’India, della sua miseria, della sua folla, una moltitudine di 400 milioni di abitanti. Siamo all’inizio degli anni ’60.

 E fin dall’incipit scopriamo che l’autore vuole inabissarsi nella vita, nella realtà quotidiana di un continente appena uscito dal colonialismo inglese. Sente quasi una smania di apprendere, scoprire l’anima profonda di ciò che lo circonda e le sue passeggiate notturne gli mostrano una miseria senz’appello, una miseria che incrosta di una patina buia, lurida i luoghi, le persone, l’aria, gli animali.

 L’approccio di Pasolini alla scoperta dell’India sarà passionale, emotivo, incapace d’indifferenza, di distacco come egli stesso annota: “eravamo mezzo dissanguati dalla pena e dalla pietà. Ogni volta che in India si lascia qualche persona, si ha l’impressione di lasciare un moribondo che sta per annegare in mezzo ai rottami di un naufragio”.

Uno dei primi incontri dell’autore è con due giovani e poverissimi indiani che gli fanno da guida nella notte di Bombey. Gli mostrano la moltitudine di gente che mangia gli avanzi dell’albergo e sono i più fortunati.  Lo sguardo si perde sulla moltitudine di persone che, avvolti in luridi e vecchi stracci, dormono per strada, in ogni spazio libero. Una miseria soffocante dove la percezione della mancanza di umanità è una ferita per l’animo sensibile ed empatico dello scrittore anche se alcune sue spietate osservazioni mozzano il fiato: “Mangiano in silenzio, come cani, ma senza litigare, con la ragionevolezza e la dolcezza degli indù”. “Ogni indiano è un mendicante: anche chi non lo fa per professione, se gli si presenta l’occasione, non rinuncia a tendere la mano”.

Il libro di Pasolini spazia senza soluzione di continuità tra i temi che da sempre gli sono propri, non solo in India: la religione, la cultura, la borghesia, la morte; temi sempre approcciati con lineare e lucida analisi eppure racchiusi in un inestricabile intreccio emotivo che ha reso famoso il suo stile letterario.

 In questa terra vi scorge una vera e profonda libertà di religioni, una tolleranza ed una convivenza pacifica, per lui sconosciuta, forse, annota, è una realtà che accumuna tutte le tradizioni politeistiche. Una religiosità e una temperanza difficile da spiegare, infatti, per comprenderle da occidentali, consiglia di leggere il reportage del suo compagno di viaggio: Alberto Moravia.

 In un ricevimento all’ambasciata di Cuba Pasolini osserva due alti prelati cattolici che per lui sono l’emblema del mondo mentre per il mondo indiano sono folklore. In quest’occasione comprende in modo viscerale la sensazione, tipica dell’emigrato, dello straniero. Una realtà, appunta, che si riflette all’incontrario. Con leggerezza e profondità descrive l’incontro con Suor Teresa di Calcutta: “Assomiglia in modo impressionante – scrive Pasolini – a una famosa sant’Anna di Michelangelo: e ha nei tratti impressi la bontà vera, quella descritta da Proust nella vecchia serva Francesca: la bontà senza aloni sentimentali, senza attese, tranquilla e tranquillizzante, potentemente pratica”.

Per Pasolini era il suo primo viaggio India e quello che incontra è un paese post colonialista diventato indipendente dall’Inghilterra nel 1947 e dove ancora governa Nehru il primo presidente eletto alla proclamazione dell’indipendenza.

Ad uno spettacolo teatrale l’autore scopre che l’ideale bellezza maschile è avere un colorito bianco e rosa ed essere grassocci vale a dire l’esatto opposto del popolo indiano negli anni sessanta: piccoli, bruni, magri. Si immagina che ciò sia dovuto all’influenza colonialista e al desiderio di emulare i conquistatori, di essere simili agli europei. Un momento davvero comunitario, per il popolo indiano, è la festa dell’Indipendenza, una ricorrenza sentita da tutti dove si cerca di sfoggiare il meglio che si ha compreso il grande senso di ospitalità e il legame di comunità.

Osserva con occhio critico la nascente borghesia indiana, così incerta ed insicura con il netto ricordo della miseria da cui provengono. Questo li porta ad essere una comunità chiusa all’interno del perimetro familiare. La loro nuova potenza economica si esprime in un frenetico attivismo all’interno del Rotary Club.

 “L’odore dell’India” prima di essere un volume furono dei reportage di grande successo che Pasolini scrisse per il quotidiano “Il Giorno”. Insieme a lui in quest’avventura indiana c’erano Alberto Moravia con la moglie, la scrittrice, Elsa Morante. Moravia scriverà anche lui dei famosissimi reportage per “Il Corriere della sera” che poi saranno raccolti nel volume “Un’idea dell’India”. Il viaggio iniziò il 30 dicembre 1960 e durerà sei settimane. La prima tappa fu Bombey.

Per Pasolini, l’India è un affresco ricco di odori, di colori eppure è un affresco   corroso, privo di vitalità quello che gli si palesa; osserva le tradizioni che si ripetono quasi cristallizzate senz’anima che hanno però la funzione di creare identità tra le tante regioni confederate che formano l’India. Annota le divisioni in “caste” che regola la vita in quei luoghi, una divisione dura e spietata a cui però la nuova generazione sembra ben decisa a combattere ad eliminare. Uno sforzo che unisce sia la classe dirigente che quella intellettuale, quasi tutta educata in Inghilterra, e la grande maggioranza degli “intoccabili”, i paria, che tali non vogliono più essere: un cammino lungo, difficile ma, oggi, dopo oltre sessant’anni, sappiamo coronato da un buon successo.

 Il libro conserva intatta la sua magnetica forza narrativa, la sua peculiarità di testimonianza storica e conserva il valore “d’insegnamento”, ancora oggi valido dello stile pasoliniano. Cos’è l’India oggi? Per noi parlano le parole del premio Nobel per la Letteratura, pochissimo amato da Pasolini, Rabindranath Tagore: «Con occhi fissi ti guardo: / non comprendo il tuo mistero!”

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista