Un autore del ‘900. “La cognizione del dolore” di Carlo Emilio Gadda
Di Cora Craus –
“La cognizione del dolore” (ed. Garzanti – pag. 209 – Euro 18) di Carlo Emilio Gadda è un romanzo bello nel suo essere drammatico, sublime nel suo essere funereo, in cui sembra di sentire risuonare l’eco di una tragedia Greca; un romanzo dove l’angoscia e la disperazione sono il filo conduttore, l’attorcigliata scala a chiocciola che conduce nella notte della follia. “La cognizione del dolore” è la più autobiografica delle opere di Carlo Emilio Gadda, in essa la vera protagonista è la follia, l’alienazione che prende nome di “disperato bisogno d’amore” un bisogno che, con mille sfumature d’intensità, appartiene all’umanità tutta.
Questo libro, per l’autore, è stato un faticoso e scomodo compagno di viaggio per tutta la vita, e che noi, arbitrariamente, abbiamo definito “romanzo”: termine mai stampato su nessuna edizione. Un’opera la cui stesura è stata lunga, tormentata e incompiuta e che più di un romanzo sembra un’angosciante confessione: sospesa in quella dimensione senza tempo e senza spazio, senza giudizio, se non il proprio, tipico delle sedute di analisi.
I personaggi che popolano il libro sono attori chiamati, di volta in volta, a rappresentare il disadattamento affettivo, sociale e politico.
Gadda in pagine poetiche ma difficili e tortuose da leggere descrive, con ingannevole distacco, una sofferenza che travalica ogni confine e incide, quasi con sadismo, nell’animo domande senza mai offrire, palesare al lettore l’ombra di una risposta. Una lettura ardua e laboriosa, mentalmente condizionante, ma protesi alla inconsapevole e vana ricerca di una qualche remota e consolatoria risposta.
Ma, abbiamo compreso che per noi, e forse, anche, per i lettori di questa rubrica, l’opera di Gadda andrebbe letta come “questions”, domande in cui ciascuno di noi deve cercare la propria, unica e irripetibile risposta sul perché della sofferenza, del dolore.
Carlo Emilio Gadda in questo libro ha fatto per noi il “lavoro sporco”: rendere letterario, poetico, “accettabile” le tenebre dell’animo umano che spesso confinano con la paura dell’amore, del distacco, dell’abbandono, della morte.
Se il nocciolo centrale dell’opera è il dramma dell’amore, contraddittoriamente, negato e soffocante tra il protagonista Don Gonzalo Pirobutirro d’Eltino e la madre, non meno forti sono gli aspetti del disagio politico per una realtà in cui l’autore si trovava a vivere, un disagio che prende forma e si evidenzia nella creazione di un perverso “Istituto di vigilanza Notturna” allegoria di un triste periodo storico: il fascismo che teneva tutti sotto un ferreo controllo. Il libro di Gadda, uno degli autori più rappresentativi ed emblematici del nostro Novecento, si apprezza per davvero nella sua “rilettura” quando con “La cognizione del dolore” si va alla ricerca di un qualcosa, di un’ombra, di una speranza di sé.