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Julieta: Almodovar torna a raccontare il mondo femminile

di Marina Bassano –

Julieta è di nuovo un ritorno alla saga al femminile, ai rapporti madre-figlia/ figlia-madre già ampiamente trattati da Pedro Almodovar in Volver e Tutto su mia madre. Stavolta però la tragedia greca si fa presente in modo pesante sull’impronta del film, che si apre appunto con un grande drappo rosso, ad aprire la scena.

La trama è tratta da tre racconti miscelati di Alice Munro. Un drappo separa anche le due attrici che interpretano la protagonista femminile. La Julieta giovane è l’emblema di tutti i film di Almodovar, eccentrica, colorata e irriverente, interpretata da Adriana Ugarte. La Julieta della maturità con Emma Suarez si trasforma in una donna spenta e sola che cerca di andare avanti convivendo con il suo immenso dolore.

Il tema caro alla tragedia greca della colpa pervade tutto il film; colpa che si tramanda da padre (madre in questo caso) in figlio come nella classicità, e non a caso Julieta fa l’insegnante di filologia classica. Il mare di Ulisse, citato in una sua lezione, sarà da premonizione per lo sviluppo tragico della vicenda. E’ una colpa che passa per bocca della figura inquietante della domestica Marian, interpretata dalla onnipresente nei film del regista spagnolo Rossy De Palma.

E’ un ambiente che conosce alla perfezione, quello delle dinamiche familiari femminili, e Almodovar vi ritorna dopo la commedia poco sentita e poco significativa Gli Amanti Passeggeri, tornando al cinema che più gli si addice. La solita cura dei dettagli che rende un suo film riconoscibile ad occhio nudo, le case, gli interni, gli abiti e gli accessori, e il predominante colore rosso delle unghie, delle vesti e delle pareti, tornano a disegnare un universo femminile che ci racconta di generazioni a confronto.

Un rincorrersi di situazioni vissute da diverse prospettive ci accompagna per tutta la narrazione: Julieta passa da essere l’amante e poi la compagna di un Xuan che quando l’ha conosciuta aveva la moglie in coma, alla malattia della madre, e dal vedere il padre intrattenersi in una storia con la domestica. Tutto torna, sembra dire Almodovar, come la “colpa”, inesistente fattivamente per il suicidio dello sconosciuto seduto in treno davanti a lei, ma sentita e repressa da Julieta, che ricade sulla figlia Antìa nella drammatica e irremovibile decisione di sparire dalla vita della madre senza dirglielo.

Anche la fine, collocata in un ritornare di situazioni, chiude il circolo. Antìa chiede nel momento disperato del suo essere madre (la perdita di un figlio), l’unico aiuto contemplato e possibile, il primo e l’ultimo nella vita di una figlia, anche dopo il male fattosi a vicenda: il richiamo disperato quanto razionale a sua madre dopo 13 anni. Allo stesso modo di come era accaduto quando, con Antìa adolescente e inconsapevole, Julieta si era aggrappata proprio alla sua incoscienza per superare la perdita tragica di Xuan.

L’universo maschile esce ancora una volta oscurato dalla totalità della caratterizzazione femminile dei personaggi almodovariani che li sovrastano nelle scelte, nelle reazioni e persino nelle debolezze.

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Marina Bassano

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Redattrice