Il libro. “Clemente Rebora e Lydia Natus- Movimenti di poesia tra terra e cielo- (l’umano e il divino tra prosa e poesia)” di Pietro Vitelli

Di Cora Craus –
Il libro “Clemente Rebora e Lydia Natus- Movimenti di poesia tra terra e cielo – (l’umano e il divino tra prosa e poesia)” di Pietro Vitelli è un’ampia, approfondita panoramica della biografia e della produzione letteraria di uno dei maggiori poeti del ‘900. Rebora conosciuto e apprezzatissimo dalla critica letteraria, dal mondo intellettuale è, forse, ancora oggi, quasi sconosciuto nel mondo “popolare”.
Un saggio dal forte e confidenziale timbro narrativo: Pietro Vitelli, non si limita a creare una pregevole e dotta biografia ma vi infonde anima, attualità di riflessioni, una costante, rispettosa, e, mai tremolante, ricerca dell’interiorità dell’animo tormentato del poeta e dell’oblativo amore di Lydia Natus; l’unica donna che Clemente Rebora amò e con cui convisse lungamente.
La forza del libro risiede nella chiarezza dell’esposizione, nella capacità d’indagine, di immedesimazione e analisi degli inferni delle ferite interiori, della malattia mentale tutto attraverso la bellezza dei versi, il lirismo della poesia. Poesia, quale alfabeto, codice identitario dell’anima personale e collettiva.
Possiamo definire il lavoro di Vitelli una guida, un “bignami” per chi volesse approfondire la conoscenza di un uomo/poeta straordinario, invito più volte esortato, dallo stesso autore, nelle intense pagine del libro cui fanno da prezioso corollario le vaste note, (che di per sé richiedono, ad ogni autore, serietà e “fatica”), i preziosi reperti dell’appendice, la buona bibliografia.
Leggere questa biografia è come incontrare nel privè del mondo artistico, intellettuale del ‘900 italiano vi sfilano in vivaci ferma immagini De Chirico, Sibilla Aleramo, Ungaretti, Montale, Michele Cascella, Prezzolini, Piero Gobetti e tantissimi altri.
Rendere omaggio ad un poeta dimenticato, o forse, ignorato per molti decenni, rientra, in maniera chiara nella volontà di Vitelli ma il focus del libro, l’obiettivo primario cui tende l’autore, su cui si concentra, su cui cerca “prove” è sulla storia d’amore che legò il poeta alla pianista russa Lydia Natus.
In questa ricerca, Vitelli, non teme di esporre le proprie personali emozioni infatti apre il libro mettendo in rilievo la gratitudine, che ancora prova a distanza di decenni, per gli incontri, le circostanze che lo hanno portato ad “incontrare” la figura del poeta Clemente Rebora, un “Combattente per la Pace”, un cercatore della “Bontà operosa”.
Come avvenne? Cosa risvegliò le “affinità elettive” con il poeta lombardo, fino ad allora, per Vitelli, sconosciuto? Avvenne in Russia, durante una sua permanenza a Mosca.
Andiamo con ordine: Vitelli narra della personale conoscenza con importanti intellettuali russi durante la sua permanenza, oggi diremmo uno stage, a Mosca, dove, siamo negli anni ’70, l’allora Partito Comunista Italiano lo aveva mandato a completare la sua preparazione politica. L’autore descrive l’atmosfera politica e culturale comunista italiana dell’epoca, il rigore, la preparazione ad ampio spettro richiesta ai giovani, esperienza vissuta in prima persona.
In “Clemente Rebora e Lydia Natus- Movimenti di poesia tra terra e cielo – (l’umano e il divino tra prosa e poesia)” (Ed. Atlantide – € 23 – pag.258), la chiave di violino del futuro interesse per Rebora e Lidya Natus è palesemente ascritta all’incontro con Ljudmila Nikitich, una filosofa russa, su cui l’autore ha scritto un saggio, la quale gli presenta Zoja Nikolaevna Melescenko, un accademica russa, sorella di Lydia. Così, Vitelli, attraverso le parole della sorella presenta, ai lettori/trici, la figura di Lydia: una musicista del conservatorio di San Pietroburgo/ Leningrado, da cui fu espulsa nel 1905 per aver partecipato ai moti rivoluzionari, poi, riammessa per il diretto l’intervento del suo maestro di pianoforte.
E, quando la famiglia Natus ebbe un dissesto finanziario dovuto alla morte del capofamiglia, il talento di Lydia era così affermato e riconosciuto che il fratello dello Zar, il principe Vladimir Aleksandrovic Romanov, le assegnò una borsa di studio quadriennale. A completare gli studi fu mandata a Milano ospite della famiglia Rivolta. Qui conosce il suo futuro marito italiano Pompeo Rivolta da cui si separerà; un uomo violento e dispotico che trascorrerà parecchio tempo in carcere.
Durante questo periodo conoscerà Clemente Rebora con cui visse un’ardente, tormentata e ostacolata storia d’amore, ostacolata sia per il suo essere sposata sia perchè accusata di essere ebrea mentre era di provata fede cristiana ortodossa; l’icona di una Madonna bizantina portata con sé dalla Russia e la giornaliera preghiera di Lydia sarà il primo approccio alla fede cristiana dell’ateo poeta, così come la croce di battesimo di Lydia, per volontà della pianista, farà da “talismano” durante la sua permanenza nelle trincee.
La Natus, sottolinea, l’autore, è stata una bravissima e famosa pianista suonò nel 1911 per il Re d’Italia Vittorio Emanuele III e il sovrano le fece omaggio di un prezioso pianoforte bianco che la musicista portò sempre con sé nel concerti.
Lydia Natus è una figura chiave nella vita del poeta oltre che suo grande amore. Romantico al di là dell’incredibile l’incontro tra il poeta e la giovane musicista russa. A far scoccare la scintilla dell’amore fu il reciproco, profondo interesse per la musica che portò le loro strade ad incrociarsi nella casa del Console olandese a Milano dove Lydia fu invitata a tenere un concerto. Scrive Pietro Vitelli a pag.38 “…mentre eseguiva uno dei movimenti di “Sherazade”, guardandosi allo specchio che era di fronte a lei, incrociò due occhi che la fissavano tanto intensamente da sentirsi da essi divorata: ‘ne fui confusa, affascinata…impallidì e abbassai i miei. Era Rebora”
Lydia Natus tornerà, brevemente, in Russia per rivedere la famiglia, la sorella con cui aveva rotto i rapporti perché Zoja, convinta marxista, giudicava immorale la vita e le scelte della passionale Lydia.
La forza poetica di Clemente Rebora è stata paragonata a Dante, a Leopardi, di cui fu profondo studioso, ammirato dall’amico premio Nobel per la poesia Eugenio Montale, i due rimarranno in contatto fino all’ultimo. Ma la figura di Rebora non è solo l’essere eccelso poeta: affascina la tragicità della sua vita, la sua affannosa ricerca di senso, il suo bisogno di “Bontà operosa”, il suo essere “Combattente per la Pace”.
Clemente Rebora sarà soldato nelle trincee della guerra ‘15/18, da cui uscirà distrutto nel corpo: ferito dall’esplosione di un obice e rimarrà sepolto vivo per molte ore; distrutto nell’anima per tutta quella sofferenza di cui è testimone, di tutti quei giovani commilitoni morti intorno a lui. Affronterà una lunga riabilitazione, durata 3 anni, in vari ospedali psichiatrici ma di fatto non guarirà mai completamente. In questo calvario presenza costante fu l’amore di Lydia. L’animo tormentato le dolorose vicissitudine, poi, la separazione dalla donna amata, lo farà approdare alla vita monastica, all’Ordine dei rosminiani.
L’amore, la convivenza con Lydia, spiega Vitelli, è un punto centrale, di cesura nella vita del poeta infatti nelle biografie si usa dire “il primo Rebora” fino alla convivenza e il “secondo Rebora” dalla convivenza in poi. C’è poi un terzo Rebora la conversione, lui convinto mazziniano, prenderà i voti ecclesiastici.