ED editoriale

Loch Ness, il mostro che non ti aspetti. Ancora attuale, violenza e femminicidio

di Alga Madìa –

Qualcuno doveva averglielo detto che quel lago era infido, apparentemente docile, tranquillo, ma che nascondeva con certezza malvagità, ma lei non credeva alle chiacchiere. Da sempre doveva sincerarsi sola di quanto sentiva dire.

Era un giorno di chissà quale mese, il lago era lì, la guardava e lei ricambiava la sua attenzione attratta com’era dai suoi colori. Guardò meglio, era calmo, in maniera quasi irreale. L’aria mite. Sembrava un quadro dipinto con colori pastello delicati da un artista con la mano leggera. Si offriva a lei con grazia, con rispetto. Decise di bagnarsi i piedi: pure la temperatura era gradevole. Camminò verso il centro e infine scrollando le spalle si immerse completamente in quelle acque che la avvolsero tutta. Silenzio intorno, come una culla, dondolava, nuotava lentamente, mentre tutti i suoi timori si scioglievano sentiva di doversi affidare. Il rumore dell’acqua che spostava muovendosi era rassicurante. Un rumore che conosceva bene. Sorrideva felice. Stava per arrivare al centro di quello che sembrava un cerchio perfetto quando sentì dal fondo un movimento, ma il fondo era buio e non vedeva, sentiva come delle onde, quell’acqua elemento naturale prezioso, adesso si muoveva senza una regola, senza una direzione. Il suo cuore batteva forte ed improvvisamente il mostro si erse in tutta la sua grandezza spostandola di diversi metri. Forse sono tante, più di quanto noi possiamo immaginare le persone di cui non dovremmo fidarci. Forse tantissime quelle di cui non dovrebbero fidarsi le nostre bambine, le nostre ragazze. Ragazze che oggi si chiamano Yara, Sarah, Meredith; quando io ero piccola si chiamavano Emanuela, Maria Rosaria, Donatella. Il mondo si evolve ma non la sua malvagità.

Cambiano gli stili degli approcci, le dinamiche, ma il male alle donne resta inspiegabilmente uguale. Mostri di cui ci fidiamo pronti a farci del male, volutamente, consapevolmente. Un male che ci toglierà i sogni, il sorriso, la vita stessa. Saremo sempre più deboli, la nostra forza fisica non sarà mai pari a quella del mostro nel lago. Un mostro che ammalia, convince, nelle cui mani siamo disponibili a mettere la nostra, affidandoci. Cosa bisogna insegnare alle nostre bambine, mi chiedo. A sorridere al mondo, cercando il meglio, anche il più nascosto, che c’è in ciascuno di noi per poi ritrovarsi vittime di zii, cugine, nuovi amici con cui si immagina di trascorrere una serata spensierata? O diffidare di chiunque a prescindere e vivere una vita di paure perché il mostro potrebbe essere in ciascuno degli incontri che faranno? Un mostro che può avere il volto del portiere del palazzo, del postino, del datore di lavoro, di un amico di famiglia … resto perplessa e non so più trovarmi in un mondo che giornalmente scuote la serenità di noi donne violentemente, sbattendo i mostri in prima pagina e parlando delle vittime solo per parlare del nuovo giallo da risolvere in tv o sui giornali.

Emma riuscì a scappare dal mostro nuotando più forte che poteva, ma povera lei, solo dopo che il danno più grave le era stato fatto. E la sua psicologia chissà ancora per quanti anni avrebbe conservato quel ricordo che lei avrebbe voluto fosse rimasto nel punto più profondo di quel lago.

 

Un vecchio articolo, questo, scritto nel 2010 che chi lo avesse letto all’epoca mi perdonerà per averlo riproposto oggi. Lo faccio però volutamente, per sottolineare che passati 5 anni da quella data, ancora oggi siamo costrette a fare opera di sensibilizzazione al problema della violenza sulle donne. Un problema delle donne di tutto il mondo, indiane, africane, ma anche figlie del più acculturato occidente, della nostra bella Italia.

Cancellate voi stessi dal calendario, cari signori uomini, le ricorrenze del 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne)  e dell’8 marzo, quando queste malvagità, quando violenza e femminicidio saranno solo ricordi squallidi che la storia vorrà conservare per sé.

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