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Henri Cartier Bresson, quegli scatti, quei “momenti decisivi”. Ce ne parla Ernesto De Angelis

di Emanuela Federici –

 

Nell’immaginario collettivo il fotografo è un essere straordinario, capace di cogliere, spesso in maniera del tutto casuale, attimi ed emozioni della vita, situazioni, forme e colori che nel tran tran quotidiano sfuggono all’occhio distratto. E’ un bel profilo, non c’è dubbio, ma è proprio questa natura fortuita che porta il fotografo amatoriale a diventare il cosiddetto “scattone”. Spinto da un’irrefrenabile sensazione di onnipotenza, e armato del suo fido iPhone, inizia ad immortalare qualsiasi cosa gli capiti sottomano, dall’intramontabile tramonto (scusate il gioco di parole), ai gomitoli nella cesta della nonna. Per finire in bellezza, il frutto di questo comportamento seriale viene filtrato, contrastato e saturato dalle moderne applicazioni e buttato sui social.
Ovviamente chi vive di fotografia sa che per ottenere immagini di qualità, che permettano di trasformare ciò che forse prima era solo uno splendido passatempo in un lavoro, dovrà spendere la propria esistenza osservando gli avvenimenti dal mirino della fotocamera. Non tutti però capiscono quanto sacrificio richieda tutto ciò. Lo studio che sta dietro ad ogni scatto è un concetto fondamentale per la ricerca di uno stile personale, che negli anni può diventare una firma inconfondibile.
In questa nostra rubrica, quindi, cercheremo di trattare le immagini dei grandi fotografi, senza affrontare la loro vita se non attraverso i loro scatti più famosi e commentandoli soprattutto dal punto di vista tecnico ed emotivo.

Abbiamo chiesto ad Ernesto De Angelis, docente presso la Scuola Romana di Fotografia e Cinema, di parlare di uno dei colossi della fotografia mondiale, Henri Cartier Bresson. Basterebbe leggere la sua biografia per capire che quello del fotografo è un mestiere tutt’altro che facile.

“In fondo scattare una bella foto è anche questione di fortuna… Certo, scatti delle belle foto perché hai una buona attrezzatura… E’ facile ottenere delle belle immagini in un posto come quello… Sono capaci tutti, la modella è bellissima… Quante volte ho sentito pronunciare frasi come queste”, ci racconta De Angelis “e non solo nei miei confronti, a volte dirette anche a chi ha contribuito a scrivere la storia della fotografia, come Bresson. Per questo ho scelto due immagini che, a mio avviso, rispecchiano esattamente questo concetto”.

 

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“Questo fotogramma presenta una serie di elementi di grande equilibrio fra loro: le scale, la ringhiera e il marciapiede hanno un andamento semicircolare; le scale e la ringhiera occupano la parte bassa del fotogramma e il marciapiede quella alta. Questa disposizione è stata creata per fare da cornice all’unico spazio che l’autore si è preservato, programmando o sperando nel passaggio di qualcuno o qualcosa da poter inserire all’interno. Oltre alla eccezionale capacità di composizione dell’immagine, sfruttando com’è evidente forme armoniose, l’autore è anche estremamente paziente: probabilmente chissà per quanto tempo sarà rimasto fermo nello stesso punto aspettando di cogliere il ciclista nella maniera desiderata! Anche il (relativamente) lungo tempo di scatto che ha adoperato è risultato estremamente azzeccato, visto che l’unico elemento fermo, ovvero messo a fuoco, è la ringhiera; tutto il resto è in movimento, anche gli oggetti fermi sembrano muoversi. Il ciclista risulta mosso, così come il pavimento stradale che invece è semplicemente sfocato. Bresson ha usato un diaframma estremamente aperto, lo si evince dalla scarsa profondità di campo, cioè di spazio di messa a fuoco. Il grande risultato di questo scatto è la risultante, quindi, di una serie di elementi che il fotografo è riuscito a tenere sotto controllo, grazie anche alla straordinaria tecnica fotografica e consideriamo il periodo storico (anni ’30). La magia dello scatto sta anche nel fatto che il passaggio del ciclista è reso estremamente dinamico, tanto che la sua bici correrà sempre nella nostra mente”.

 

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“La seconda immagine – commenta Ernesto De Angelis – presenta anch’essa un elemento umano, dinamico come il precedente, perfettamente staccato dallo sfondo, rappresentato dal muro bianco. Anche se la ragazza che corre potrebbe sembrare un elemento piccolo e irrilevante rispetto al totale dell’inquadratura, non potremmo assolutamente farne a meno. E’ lei che rende questa foto sempre viva, come se potesse muoversi all’interno dell’immagine, continuando la sua corsa nei vicoli. Questo è ciò che io definisco un magico momento intermedio, dove il gesto non è portato a compimento e qui la nostra mente entra in gioco, riuscendo ad elaborare l’istante e a portarlo a compimento. Dal punto di vista della luce, Bresson è riuscito a dividere il fotogramma in modo semplicemente perfetto: una zona d’ombra nel mezzo dell’inquadratura e, come fossero una cornice, le porte illuminate sui lati. Noto che probabilmente sia stato fatto un buon lavoro in camera oscura, visto che la ragazza in ombra risulta ben esposta e che le zone illuminate dal sole sono tutte ancora leggibili. Suppongo che lo scatto originale non sarebbe stato in grado, senza mascherature (una sorta di photoshop con l’ingranditore) di mantenere sia le luci che le ombre. Come per la precedente immagine, anche in questa si avverte un paziente appostamento nell’attesa di un magico passaggio. L’autore è riuscito a mettere la ragazza nella zona perfetta della foto, dove solo il muro in ombra fa da sfondo alla figura, evitando fastidiose interferenze. Il tempo di scatto, in questo caso, è sostanzialmente più rapido di quello nell’esempio precedente: la ragazza è perfettamente definita e anche nel resto del fotogramma gli elementi sono tutti a fuoco (le condizioni di luce in questo caso permettono un tempo più rapido e un diaframma molto più chiuso, con relativo aumento della profondità di campo)”.

Speriamo di essere stati d’aiuto, a chi leggerà questa rubrica, nel fornire elementi tecnico-compositivi per poter decifrare immagini come queste, scattate da uno dei più grandi fotografi di sempre, Henri Cartier Bresson.

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Emanuela Federici

Emanuela Federici

Redattrice -